L'Italia è uno dei paesi europei in cui la combinazione tra pericolosità sismica, densità di centri storici e presenza di complessi monumentali rende cruciale la corretta definizione dell'azione sismica locale. In questi contesti, spesso caratterizzati da stratigrafie complesse e da un'elevata eterogeneità del sottosuolo, lo studio della Risposta Sismica Locale (RSL) diventa un passaggio obbligato per valutare in modo affidabile la vulnerabilità dinamica delle strutture esistenti e dei nuovi interventi.
Il ruolo del modello sismostratigrafico
Alla base di ogni studio di RSL vi sono due elementi fondamentali: il modello sismostratigrafico, che controlla la modifica del moto sismico in propagazione dal bedrock verso la superficie, e l'input sismico, generalmente rappresentato da accelerogrammi reali o sintetici. Se la selezione dell'input può avvalersi di banche dati e software di generazione, a condizione di rispettare la sismocompatibilità con la pericolosità di base, la definizione del modello sismostratigrafico è spesso il punto più critico, soprattutto in aree urbane dove il "bedrock sismico", inteso secondo NTC 2018 come livello con Vs ≥ 800 m/s, si trova a profondità elevate e poco indagate.
In questi casi le indagini geofisiche sismiche rappresentano uno strumento essenziale, in particolare quando vengono utilizzate con un approccio olistico che combina tecniche di sismica attiva (ad esempio MASW, Cross Hole, Down Hole) con metodi basati sulle microvibrazioni ambientali, come le HVSR (Horizontal to Vertical Spectral Ratio). L'inversione congiunta dei dati consente spesso di ricostruire modelli di velocità in grado di intercettare il bedrock, o almeno di definirne una profondità plausibile, riducendo le incertezze nella valutazione dell'azione sismica locale.
Bedrock profondo e stime cautelative
Non sempre i modelli ottenuti attraverso l'inversione geofisica raggiungono il livello a Vs ≥ 800 m/s: può accadere che il profilo si arresti a valori inferiori, pur mostrando una tendenza di incremento con la profondità. In queste situazioni, un approccio operativo consiste nel definire una linea di tendenza delle velocità che consenta di stimare la profondità dell'ipotetico bedrock, accettando una certa approssimazione ma collocandosi in genere in una condizione cautelativa per la definizione dell'azione sismica locale.
Questa impostazione è particolarmente utile nei contesti urbani complessi, dove spesso non è realisticamente possibile spingersi con indagini dirette fino al bedrock sismico, ma è comunque necessario disporre di un modello di riferimento coerente con la normativa e con la pericolosità di base dell'area.
Quando il modello 1D non basta
Chi si occupa di RSL sa che il moto sismico non viene modificato solo dalla stratigrafia verticale, ma anche dalla geometria del sottosuolo e dalla morfologia superficiale. La presenza di variazioni laterali marcate negli spessori e nelle proprietà dei terreni, di riempimenti antropici irregolari o di forti dislivelli topografici può influire in modo significativo sul campo di moto, soprattutto in ambiti urbani storici dove le condizioni geologiche e geotecniche spesso cambiano rapidamente nello spazio.L'utilizzo di modelli tridimensionali sarebbe teoricamente la soluzione più completa, ma nella pratica professionale si ricorre di norma a schematizzazioni 1D o 2D, in funzione della complessità del sito e delle risorse computazionali disponibili. Ignorare la variabilità geometrica e limitarsi a un modello puramente 1D in contesti con forti effetti di bordo o di concentrazione del moto può portare a una sottovalutazione dell'azione sismica locale, con possibili ripercussioni sulle verifiche di sicurezza di edifici storici e infrastrutture.
Effetti bidimensionali e contesti monumentali
In molte situazioni urbane e monumentali, la presenza di valli sepolte, riempimenti stratificati, discontinuità laterali e variazioni altimetriche accentuate rende più appropriato un approccio almeno bidimensionale all'analisi di RSL. I modelli 2D consentono di simulare gli effetti di canalizzazione e focalizzazione del moto che possono verificarsi lungo sezioni caratteristiche del sito, cogliendo fenomeni che un modello 1D non è in grado di riprodurre.
Queste valutazioni assumono particolare rilievo quando si interviene su complessi edilizi di pregio o su manufatti monumentali, dove la distribuzione spaziale delle deformazioni e delle accelerazioni può incidere in modo differenziato sui vari elementi strutturali. In tali contesti, la scelta del tipo di modello (1D, 2D o più avanzato) diventa parte integrante della strategia di analisi e non una semplice opzione tecnica.
Componente verticale e condizioni di near field
Un altro aspetto spesso sottovalutato negli studi di RSL riguarda la componente verticale del moto sismico, che in determinate condizioni può assumere ampiezza paragonabile o superiore alle componenti orizzontali. Ciò accade, ad esempio, in prossimità di sorgenti sismogenetiche, dove gli effetti di near field possono alterare in modo significativo la forma d'onda e lo spettro di risposta, soprattutto in intervalli di periodo sensibili per alcune tipologie strutturali.
Nei contesti urbani storici e nei complessi monumentali che presentano grandi impalcati o elementi portanti orizzontali di notevole luce, trascurare la componente verticale può portare a una sottostima della domanda sismica su parti critiche della struttura. In questi casi, la scelta di codici di calcolo in grado di considerare anche la componente verticale, e di scenari di sorgente coerenti con le condizioni di near field, è un elemento chiave per la qualità complessiva dell'analisi di RSL.
Software open source e limiti di applicabilità
La maggior parte dei codici freeware o open source per studi di RSL adotta un'impostazione 1D, con schematizzazione stratigrafica verticale e comportamento dei terreni spesso modellato in campo lineare-equivalente. Questi strumenti risultano particolarmente utili quando si devono definire le componenti orizzontali dell'azione sismica locale a partire da accelerogrammi reali o sintetici filtrati da un modello monodimensionale, in condizioni di deformazione relativamente contenuta (ad esempio con deformazioni di taglio dell'ordine dello 0,5%).
In un numero non trascurabile di scenari italiani, soprattutto al di fuori di forti effetti 2D/3D e di condizioni di near field marcate, tale approccio rappresenta un compromesso efficace tra accuratezza e sostenibilità computazionale per la libera professione. Quando però il sito presenta una combinazione di elevata complessità stratigrafica, marcata variabilità laterale, topografia articolata e rilevanza strategica o monumentale delle strutture, diventa opportuno valutare l'impiego di modelli più avanzati, eventualmente in ambito di collaborazione con istituti di ricerca o strutture specialistiche.
Domande chiave per chi progetta in siti complessi
Nel lavoro del progettista che opera in centri storici e in aree monumentali, la scelta dell'approccio di RSL non può ridursi alla selezione di un software, ma richiede alcune domande preliminari. Tra queste, possono essere particolarmente utili:- Il modello sismostratigrafico disponibile intercetta in modo credibile il bedrock sismico o ne fornisce almeno una stima coerente con le informazioni geofisiche e geologiche?
- Le condizioni del sito giustificano un modello 1D oppure esistono forti variazioni laterali e topografiche tali da richiedere un'analisi 2D o più complessa?
- La componente verticale del moto e gli effetti di near field possono influenzare in modo significativo il comportamento delle strutture presenti, in particolare quelle con grandi elementi orizzontali?
- Il livello di complessità dell'analisi è proporzionato all'importanza del contesto, alla vulnerabilità delle strutture e agli obiettivi di progetto (adeguamento, miglioramento, nuova costruzione)?


